UNA CITTA’ DA RIANIMARE - 2 La ricetta di Massimo Caleo

02-12-2025 10:22 -


"Noi abbiamo fatto così"
Caleo e il modello Sarzana
di Claudio Figaia

“Certo che Carrara è bella. Ma tenuta così male… Un centro storico così ce lo invidiano in tanti… Sì, però tutto ‘sto abbandono… E la sporcizia, e le cacche dei cani…. Guarda Sarzana, fatti un giro a Pietrasanta: sono dei salotti, pieni di locali, di negozi, di gente… Qui solo saracinesche abbassate e parcheggi, a pagamento. E quando entri un negozio? Ti trattano come se fossi un alieno… Eppure le potenzialità ci sono… Eppure quando c’è un evento le strade si riempiono…”.
Non c’è carrarino, crediamo, che non abbia fatto considerazioni di questo genere. Ma il centro storico può risorgere o la partita è ormai persa? Cosa fare per ridare vitalità, slancio, luce a Carrara? Avete idee, qualcuno ha una ricetta?
Fatevi avanti, sintetizzando in pochi punti (fino a 5) quali sono, secondo voi, le cose più urgenti da fare per fare rinascere (o, anche, spiegare perché, a vostro avviso, è meglio lasciar perdere).


Massimo Caleo è senz’altro la persona giusta per dire “fate come noi”, per indicare cioè quali strade percorrere per rianimare una città. 64 anni, radici ancora salde a Marinella e forti legami con Carrara, è stato infatti, dal 2005 al 2013, sindaco di Sarzana, la cittadina ligure spesso presa come esempio di vitalità e dinamicità. Caleo è stato anche senatore (eletto nelle liste del Pd) dal 2013 al 2018, è laureato in Scienze agrarie e insegna all’istituto Parentuccelli. Sentiamo cosa dice.

Primo, pedonalizzare e riqualificare. Il percorso di recupero e rilancio del centro storico di Sarzana è iniziato negli anni Novanta. Le amministrazioni che si sono succedute fino a inizio 2000 avviarono una strategia articolata, basata su una forte sinergia tra investimenti pubblici e privati. Il primo tassello fu la trasformazione urbana del cuore cittadino, attraverso interventi decisi di pedonalizzazione, nuova pavimentazione, riqualificazione dell’arredo urbano e restituzione delle piazze ai cittadini. Una scelta allora innovativa, che incontrò forti resistenze iniziali, da parte dei commercianti e delle loro associazioni che pensavano al traffico delle auto in centro come un sostegno alle loro attività. Ma i risultati furono talmente evidenti che nel giro di qualche anno i pareri mutarono e ci furono anzi ulteriori richieste di estendere la pedonalizzazione.

Recuperare palazzi e case. Nello stesso tempo, l’amministrazione sostenne il recupero del patrimonio edilizio privato tramite incentivi e piani dedicati al restauro delle facciate e al miglioramento degli immobili. L’azione combinata pubblico-privato permise così di recuperare intere zone allora degradate della città, come l’area degli antiquari, alcune piazze e il percorso verso la Cittadella (anch’essa completamente ristrutturata come il Teatro Impavidi e il Vecchio Ospedale), con nuova pavimentazione e illuminazione mirata.

Piccoli negozi e grandi store. L’effetto fu un risveglio commerciale senza precedenti. Tra fine anni Novanta e primi Duemila il centro storico vide un forte incremento di attività artigianali, negozi di abbigliamento, ristoranti e bar, generando una vitalità costante durante tutto l’anno. Questa specializzazione ha convissuto con il commercio della variante Aurelia (quello dei grandi store e delle “Gran Casa” per capirci) in un equilibrio virtuoso che evitò inutili competizioni e contribuì ad attrarre visitatori e investimenti. A questo si aggiunsero interventi strategici sulla viabilità cittadina: le rotatorie e gli accessi alla città – tuttora funzionanti con efficacia a differenza di alcuni interventi attuali peggiorative della viabilità – furono realizzati grazie a finanziamenti comunali, regionali e statali, migliorando sicurezza e scorrevolezza del traffico.

Iniziative in strada e case abitate. Non solo. In quegli anni Sarzana divenne un punto di riferimento grazie a rassegne di artigianato e antiquariato, festival musicali come quello dedicato alla chitarra acustica, spettacoli teatrali e grandi concerti capaci di richiamare migliaia di persone. Un insieme di iniziative che contribuì a consolidare la presenza costante di famiglie, giovani e visitatori, favorendo un clima vivace e sicuro. Più persone nei luoghi pubblici significava infatti anche maggior presidio del territorio e una naturale prevenzione contro fenomeni di microcriminalità.Un altro degli elementi chiave del “modello Sarzana” fu poi il ritorno alla residenza nel centro storico: molti appartamenti un tempo vuoti tornarono ad essere abitati, rafforzando il tessuto sociale e sostenendo i negozi di prossimità, dagli alimentari alle edicole. La residenza rappresentò un fattore di stabilità urbana, contribuendo alla continuità della vita quotidiana e alla qualità della città.

Un’alchimia vincente. Questa alchimia tra investimenti pubblici, iniziativa privata, attività culturali, rilancio commerciale e ritorno della residenza – strategie che si sono sviluppate negli anni con coerenza, non come accaduto a Carrara, aggiungiamo noi - ha permesso a Sarzana di diventare un modello osservato e in parte imitato anche da altre realtà vicine.

Carrara? Può farcela. Guardando a Carrara, gli ingredienti per un percorso analogo ci sono tutti. La città dispone di risorse storiche, architettoniche e culturali straordinarie che meritano di essere valorizzate con decisione: in primo luogo l’Accademia di Belle Arti e l’intero sistema delle attività scultoree e artigianali legate al marmo, che restano ancora oggi una delle chiavi più autentiche per costruire una città attrattiva, vivibile e sicura. Sono già evidenti alcuni segnali incoraggianti, e l’amministrazione sta muovendosi nella direzione giusta. Conosco bene Carrara e ne sono innamorato: qui ho trascorso gli anni della mia giovinezza, studiando in questa città. Negli anni Settanta Carrara era un punto di riferimento per tanti giovani; ricordo le vasche di via Roma, i marchi commerciali importanti, l’energia di una comunità vivace. Credo che oggi ci siano tutte le condizioni per guardare con ottimismo al futuro. Ed è questo l’augurio che rivolgo alla città del marmo.